Italianità, preferenza per prodotti senza ingredienti/composti insalubri e con alto contenuto di proteine, vitamine etc, ma anche maggiore attenzione al mondo delle intolleranze, alla lavorazione, e alle certificazioni: sono questi i maggiori trend di consumo evidenziati dai risultati del nuovo rapporto pubblicato da GS1 Italy Servizi. Un rapporto che fotografa una fase di leggera stabilizzazione dei consumi, a fronte di un 2020 segnato dalla pandemia e dai vari lockdown che si sono susseguiti, con qualche conferma e alcune sorprese.

Proprio la fase di incertezza portata dalla diffusione del COVID-19 ha contribuito a rafforzare la percezione rispetto alle informazioni che troviamo nei prodotti di consumo, inducendo sempre più persone a cercare conferme su fattori come utilizzo di materie prime, modalità di produzione, impiego di composti chimici e provenienza dei prodotti inseriti nel carrello, e a scegliere di conseguenza i brand che offrono più garanzie al riguardo. Dall'altro lato però, come sottolinea Marco Cuppini, Research and communication Director di GS1 Italy "il mondo delle informazioni corre sempre più velocemente e la quantità di dati che le aziende trasferiscono ai consumatori è sempre maggiore. E così le etichette fisiche potrebbero rivelarsi insufficienti per contenerle tutte”.

L’Osservatorio ha basato i rilevamenti su un paniere di 125 mila prodotti di largo consumo, pari all’83% delle vendite effettuate in ipermercati e supermercati sul territorio nazionale e con un valore di sell-out di 39 miliardi di euro. I risultati sono contenuti in 10 categorie chiamate “fenomeni” (Italianità, Free from, Rich-in, Intolleranze, Lifestyle, Loghi e certificazioni, Ingredienti benefici, Metodo di lavorazione, Texture dei prodotti e Cura casa green), sviluppate in altrettanti capitoli, e in 4 approfondimenti (Cura persona, Barometro sostenibilità, Packaging green e Petfood).

Sono 30.015 i prodotti censiti ed analizzati che richiamano la loro “sostenibilità” sulle confezioni, riconducibili a 4 aree tematiche principali: management delle risorse, agricoltura e allevamento sostenibili, responsabilità sociale (Corporate Social Responsability, CSR) e rispetto degli animali. Per quanto riguarda l’area CSR, sono 8 le etichette o claim presi in considerazione (Cruelty free, Ecocert, Ecolabel, Fairtrade, Friend of the sea, FSC, Sustainable cleaning e UTZ) e che si sono confermate anche nel corso dell’ultimo anno come elemento distintivo di molti prodotti, offrendo ai consumatori maggiori e più solide garanzie sulle materie prime e sui processi produttivi.

La categoria della responsabilità sociale contribuisce oggi per l’11,2% al giro d’affari totale del largo consumo rilevato ed FSC si è rivelato il più importante claim con una quota di assortimento pari al 4,7% e il 7,5% del contributo sul fatturato complessivo del relativo paniere. In particolare, rileva lo studio dell’Osservatorio, nell’ultimo anno i prodotti con certificazione del Forest Stewardship Council hanno registrato un ampliamento dell’offerta (+9,3%), con una crescita delle vendite a valore di oltre quattro punti percentuali; tra le categorie merceologiche che più hanno contribuito a questo trend positivo ci sono il pesce naturale surgelato, i gelati in vaschetta, gli infusi e il salmone affumicato.

“I risultati del report OI confermano i dati in nostro possesso su numero di certificazioni attive e percezione delle persone” è il commento di Alexia Schrott, Marketing Manager di FSC Italia “Da un lato, registriamo un constante incremento delle aziende che scelgono di garantire le filiere di legno e carta aderendo ai rigorosi standard FSC; dall'altro, la maggiore sensibilità ai temi del cambiamento climatico e della deforestazione porta naturalmente i consumatori a premiare le realtà che si impegnano in percorsi di sostenibilità verificabili e riconosciuti”.