L’appuntamento è a Morbegno, un paese di 12.000 abitanti in provincia di Sondrio. Quando Tiziana entra nel bar ci guarda e ci sorride; non è cosa da poco, visto che è un mercoledì mattina un po’ grigio e la settimana lavorativa è solo a metà.

Seguiamo la sua jeep lungo la SP7 Val Gerola, che si inerpica costeggiando la foresta omonima: estesa all’interno del Parco delle Orobie Valtellinesi su un totale 580 ettari e gestita dall’Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste (ERSAF), è caratterizzata a diverse altitudini da popolazioni miste di abete bianco e rosso, faggio, acero e frassino, larice, ontano verde e rododendro. L’area, certificata FSC, ricade nella rete di siti di interesse comunitario Natura 2000, ed è gestita per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie animali e vegetali; le attività di gestione sono coordinate da ERSAF e dai comuni interessati.

Allo spiazzo dove parcheggiamo l’auto prima di proseguire conosciamo Michele, un boscaiolo della zona che lavora assieme ad altri ragazzi in un cantiere forestale a due passi da lì, accompagnato dai suoi cani: oggi parleremo della presenza femminile nel settore forestale, e lui rappresenterà - in maniera molto discreta - l’altra metà del cielo.

Arriviamo ad un pianoro ai bordi del bosco in Località Ciani, nel Comune di Rasura: è qui che registreremo l’intervista con Tiziana, dottoressa forestale della provincia di Sondrio che si occupa di gestione forestale, in particolare di taglio e utilizzazioni. A ciò, Tiziana affianca l’assistenza alle imprese boschive come direttore tecnico dell’associazione regionale, oltre ad essere consulente nella formazione per la cooperativa di istruttori forestali lombardi. “Tutta la mia infanzia è legata all’ambiente montano e al bosco. Mi sono iscritta a scienze forestali perché volevo un lavoro che mi piacesse, che mi portasse a contatto con il bosco e a fare qualcosa per il mio territorio, la Valtellina. Per questo mi sono dovuta spostare fuori regione, perché quando ho cominciato non c’era un corso simile nelle università lombarde; mi sono spostata quindi in Piemonte, anche con un po’ di sacrifici”.

Che cosa significa essere donna, in Italia, in un settore come quello forestale? Partiamo dai numeri: secondo i dati dell’European Institute for Gender Equality (EIGE), su un totale di poco meno di 50.000 operatori, nel nostro Paese solo il 16% è donna. Il dato cambia di poco se allarghiamo lo sguardo all’Europa, in cui a fronte di quasi 500.000 operatori, 446.000 sono uomini e 63.000 donne. “Essere donna in un settore tradizionalmente maschile come quello forestale significa - banalmente - lavorare con tantissimi uomini; negli ultimi anni ho visto però un aumento di professioniste che hanno fatto questa scelta, anche come operatrici forestali. Ma non è facile”.

I boschi infatti sono da sempre uno 'spazio per uomini’: per la caccia, la raccolta di frutti, bacche, radici. Nei boschi che puntellano la Via Priula, che a sud di dove ci troviamo oggi collega Bergamo a Morbegno, per secoli sono transitati eserciti e truppe mercenarie, briganti e mercanti, tutte professioni appartenenti all’universo maschile, così come maschile era il lavoro del dicioccatore (addetto a estirpare dal terreno le ceppaie) e del diradatore (addetto al diradamento). E d’altra parte, se pensiamo ad un boscaiolo, come non figurarcelo con lunga e folta barba, camicia a quadri, pantaloni di velluto grosso a coste e accetta in mano? Da un punto di vista delle consuetudini inoltre, i diritti di uso e proprietà delle aree boscate sono stati, tranne qualche rara eccezione, di stampo patrilineare. Questa impostazione ha perpetuato l’idea che la Natura vada dominata, piegata agli usi e alle necessità, e per fare questo serve la forza; la forza dell’uomo, appunto.

“Questi stereotipi esistono ancora nel nostro settore, e sono legati soprattutto al fatto che si lavora nel bosco; un lavoro faticoso perché spesso vuol dire stare tutta la giornata in aree impervie e con condizioni climatiche non sempre favorevoli”. Un universo, quello del bosco, che riflette comportamenti e modi anche una volta scesi a valle: “come libera professionista condivido l’ufficio con alcuni colleghi geologi, con cui andiamo d’accordissimo. Capita ancora spesso però che quando rispondo al telefono sia presa per la segretaria dell’ufficio”. Secondo una definizione data dall’Università di Stanford, uno stereotipo è una convinzione diffusa e semplificata su un gruppo specifico, sulla base di fattori come sesso, identità di genere, razza ed etnia, nazionalità, età, stato socioeconomico, lingua e così via, radicata nelle istituzioni sociali e nella cultura più ampia. Ecco quindi che per uscire da questa visione bisogna lavorare anche sulla percezione che la società ha di queste professioni, smontando i cliché e puntando tutto sulle professionalità e non più sulle distinzioni di genere.

E a proposito di professionalità, un report redatto del 2022 dall’European Forest Institute (EFI) dal titolo Gender equality in the forest sector – demonstrating a framework for situational analysis, indica l’aumento della percentuale di donne che ricoprono posizioni dirigenziali nell'autorità forestale come fattore di maggiore equilibrio nei processi decisionali. Tiziana ci racconta che le è capitato di dover insistere sul suo ruolo, “ad essere sincera più tra professionisti che con le imprese boschive che dirigo; ciò non significa che anche le imprese non mi abbiano valutato e siano state scettiche le prime volte che mi hanno conosciuto”. La differenza però forse sta proprio qui: nel bosco, con le mani sporche di resina, il martello per segnare i tronchi o il piano di gestione dell’area, il freddo o il caldo, c’è poco spazio per distinguere tra “lui” e “lei”; esiste solo chi fa e chi non fa.

A dir la verità esiste un’ulteriore differenza; quella tra chi fa il suo lavoro per dovere, e chi invece lo fa per passione. Mentre parliamo infatti, a Tiziana brillano gli occhi e si capisce che stare nei boschi della sua Valtellina è per lei il mestiere più bello del mondo. È forse questo uno dei motivi che l’hanno portata, dopo 10 anni di servizio nell’ente pubblico, a scegliere la carriera da libera professionista: “mi sono accorta che pian piano sto selezionando le parti del lavoro che mi piacciono di più e che mi portano maggiormente a contatto con il bosco, con la gestione forestale e con i cantieri forestali. Auguro a tutte le donne che si approcciano a questa professione di riuscire a realizzare appieno le proprie soddisfazioni”.

È l’una e mezza passata, e noi abbiamo quasi finito l’intervista. Simone, uno dei collaboratori di Michele, ci fa segno dal piazzale vicino.“Noi mangiamo” - ci dice. Ah già, è vero: il lavoro nel bosco è scandito da orari precisi, e le ore di luce sono preziosissime, soprattutto in questa stagione. Restiamo ancora qualche minuto a parlare sotto questi abeti centenari prima del nostro piatto di pasta con formaggio e burro di malga - qui l’ombra è sempre la stessa, che tu sia uomo o donna.