Inutile dirlo: le maggiori aspettative della recente Conferenza delle Parti (COP), il consesso delle Nazioni Unite sul clima che si è tenuto negli Emirati Arabi Uniti dal 30 Novembre al 12 Dicembre, si sono concentrate sugli sforzi, più o meno espliciti, della comunità internazionale per porre fine all’era dei combustibili fossili. Il focus era ancora più urgente data la presidenza ambigua di questa edizione, affidata a Sultan Ahmed al-Jaber, amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Company, la principale compagnia petrolifera degli Emirati Arabi.

I leader mondali però si sono anche confrontati attorno all'urgenza di arrestare e invertire la deforestazione e il degrado forestale entro il 2030, mantenendo fede agli obiettivi dell'Accordo sul clima di Parigi e alla Declaration on forests and land use uscita nei primi giorni della COP ospitata a Glasgow nel 2021.

L’evento di Dubai era peraltro stato preceduto dalla notizia della volontà del Brasile di istituire un fondo per la conservazione delle foreste, uno strumento che si incanala nello sforzo più generale di creare forme di risarcimento per i danni provocati nel Sud del mondo dai Paesi più ricchi. Una misura, secondo il ministro dell'Ambiente brasiliano Marina Silva, per “proteggere le foreste senza fare beneficenza”.

Con l'inclusione nel testo approvato del fenomeno del degrado forestale accanto a quello della deforestazione, la comunità internazionale ha deciso di affrontare in maniera coerente lo sfruttamento insostenibile delle risorse forestali e delle significative emissioni provocate, creando un percorso equo e responsabile di azione. Il termine ‘degradation’ infatti comprende e rende esplicito ciò che ‘deforestation’ non riesce a includere, ovvero l’erosione dei valori e degli apporti ecosistemici.

Tra gli investimenti per fermare deforestazione e degrado, sono stati annunciati quello del governo francese per tre pacchetti di finanziamento, consistenti in 100 milioni di dollari per la Papua Nuova Guinea, 60 milioni di dollari per la Repubblica Democratica del Congo e 50 milioni di dollari per la Repubblica del Congo, e quello del Regno Unito, che ha promesso altri 38 milioni di dollari al fondo per l’Amazzonia - un impegno confermato dal segretario all'Ambiente del Regno Unito Steve Barclay, che ha annunciato inoltre l'impegno del suo Paese a vietare la vendita di prodotti da deforestazione.

Anche l’Europa si è detta pronta ad intensificare la cooperazione con altri Paesi per eliminare deforestazione e degrado, presentando una serie di nuove misure e strumenti per il monitoraggio e la prevenzione.

 

Forest at cop28


L’Osservatorio europeo sulla deforestazione (EUFO) e l’EUDR
Annunciato nel 2019 e istituito per facilitare l'accesso alle informazioni sulle catene di approvvigionamento per enti pubblici, imprese e consumatori, l’osservatorio gestito dal Joint Research Centre è ora operativo e fornisce mappe e dati sui cambiamenti della copertura forestale mondiale, oltre a informazioni sui fattori che li determinano.

Il monitoraggio globale avviene secondo tre direttive principali (foreste, commodities e strumenti di rilevamento). Elementi come produzione e area raccolta si basano sui valori annuali FAOSTAT per Paese, mentre i dati commerciali si basano su valori annuali per Paese ricavati dai database FAOSTAT e UN COMTRADE.

Come parte di un più ampio piano di azioni per affrontare la deforestazione e il degrado delle foreste, a questo strumento da Giugno 2023 si è aggiunto il Regolamento (UE) 2023/1115 sui prodotti esenti da deforestazione (EUDR); con questo Regolamento qualsiasi operatore o commerciante che immetta prodotti come carne, legno, cacao, soia, olio di palma, caffè, gomma e derivati come cuoio, cioccolato, pneumatici o mobili sul mercato dell'UE, o li esporti, deve dimostrare che questi stessi prodotti non provengono da terreni recentemente deforestati o da attività che hanno contribuito al degrado forestale.

Da ultimo, il lavoro della piattaforma multi-stakeholder EU sulla protezione e il ripristino delle foreste mondiali, che ha come obiettivo quello di favorire lo scambio di buone pratiche tra tutte le parti interessate e gli Stati membri dell'UE per migliorare e condividere strumenti e approcci pratici, linee guida e criteri di valutazione e monitoraggio.


Altre iniziative e finance gap
Il 9 Dicembre, in occasione della "Giornata della natura" alla COP28, è stato organizzato un evento per illustrare i progressi della Forest and Climate Leaders’ Partnership, l'alleanza creata a partire dalla Declaration on Forests and Land Use e di cui fanno parte i Paesi che si sono impegnati a fermare e invertire la perdita di foreste entro il 2030.

Un nuova coalizione, nata in seno a questa iniziativa e formata da Australia, Canada, Repubblica del Congo, Costa Rica, Figi, Finlandia, Francia, Germania, Ghana, Giappone, Kenya, Corea del Sud, Norvegia, Pakistan, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti, si è impegnata ad esempio a promuovere politiche per un settore del building a basse emissioni attraverso il ricorso a legno proveniente da foreste gestite in modo sostenibile. Nello stesso giorno, 18 Paesi tra cui Belize, Costa Rica, Germania, Regno Unito e Stati Uniti hanno rilasciato una dichiarazione congiunta per sostenere l'uso di approcci basati sugli ecosistemi e l'attuazione di piani di ripristino del territorio.

Come ha tuttavia sottolineato durante una conferenza stampa Stephanie Roe, Global climate and energy lead scientist di WWF International, esistono ancora profondi gap finanziari per trasformare le intenzioni in piani reali. Un articolo apparso su Reuters che cita fonti dell’Independent High-Level Expert Group on Climate Finance conferma che gli investimenti globali per il clima negli ultimi anni sono aumentati fino a raggiungere circa l'1% del PIL mondiale, ma non sono ancora in grado di produrre la portata del cambiamento richiesto.

Il fabbisogno stimato dalle Nazioni Unite è di oltre 500 miliardi di dollari all'anno nei prossimi 10 anni soltanto per i progetti nei Paesi emergenti. “Se non ci sono i finanziamenti, i Paesi in via di sviluppo non saranno in grado di portare a termine [questi progetti]” è il commento di Mohamed Adow, Direttore del think tank sull'energia e il clima Power Shift Africa.