È incredibile constatare come gli eventi catastrofici che hanno colpito le aree del nord-est soltanto qualche settimana fa abbiano catalizzato l’attenzione su una situazione che è sotto gli occhi di tutti da decenni a questa parte: in Italia i boschi crescono a ritmi galoppanti, ma non sempre sappiamo gestirli.

Al netto dell’evento atmosferico estremo, oggettivamente imprevedibile e difficilmente contenibile, sono due i fattori che balzano subito agli occhi: fenomeni come quelli che si sono abbattuti in Trentino, Veneto e Friuli sono una costante in altri Paesi Europei, e purtroppo dovremo abituarci. La sola Germania ha perso, nel 2018, 17.000.000 m3 di legname a causa dell’uragano Friederike; Austria e Svizzera 1.300.000 m3 ciascuna. In Italia al momento la cifra si attesta attorno ai 2.000.000 m3.

Il secondo fattore è direttamente collegato al primo, e riguarda la sostanziale impreparazione a gestire fenomeni che, come abbiamo appena visto, sono comunissimi anche in Paesi confinanti. Certo, lo ripeto: è impossibile fermare un vento che rade al suolo interi versanti; più facile è contenerne però i danni, ma senza un’adeguata conoscenza del patrimonio questo è più difficile. Le statistiche ci dicono che, per quanto riguarda ad esempio il Veneto, la superficie forestale coperta da piani di gestione è significativamente calata negli ultimi anni, e i documenti di programmazione sono passati da 257 per 281.823 ha nel 2010 a 111 per 174.622 ha nel 2017. Si taglia poco (20% circa contro la media europea del 60%), si gestisce meno e si fa poca prevenzione.

Ed è un vero peccato, perchè una foresta che gode di buona salute, in cui i tagli e le attività sono pianificati attraverso strategie ben definite e prolungate nel tempo, genera lavoro, turismo e occupazione, con benefici ambientali, sociali ed economici per tutto il territorio. Di più: secondo gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SGDs) dell’ONU, la gestione forestale sostenibile è tra i punti fondamentali dei 17 goals nella lotta ai cambiamenti climatici. Ecco perchè in tempi di eventi meteorologici sempre più estremi, dobbiamo aumentare la gestione e la resilienza dei nostri boschi.

Ovviamente ora bisogna intervenire il più velocemente possibile per sgombrare strade, sentieri e versanti, rimuovere i tronchi caduti, ripristinare i servizi di base nelle zone colpite e limitare i danni alla stagione turistica invernale ormai alle porte. Bisogna sostenere le economie delle comunità locali, e scongiurare il più possibile il rischio di speculazione e il crollo dei prezzi causato dalle grandi quantità di legname che si apprestano a entrare nel mercato. Ma bisognerà anche riattivare i finanziamenti regionali alla pianificazione forestale venuti meno negli ultimi anni; recuperare quel bagaglio tecnico (e non solo di controllo e polizia) diluito a causa dello smantellamento del Corpo Forestale dello Stato; uniformare ed unire le competenze delle amministrazioni regionali in materia forestale.

Sarebbe bello che, per una volta, non si aspettassero eventi terribili come quelli che hanno colpito Trentino, Veneto e Friuli per fare quelle cose che negli ultimi 20 anni ci siamo dimenticati di fare; e forse questa giornata è il momento giusto per ricordarcelo.