
I popoli indigeni costituiscono circa il cinque per cento della popolazione mondiale, e spesso vivono e lavorano nelle foreste o nelle aree circostanti. Tra questi, le comunità Sami hanno già imparato a conoscere gli effetti del cambiamento climatico e soprattutto a capire che non si tratta di una minaccia futura: la loro storia è la storia dell’enorme costo sociale ed ambientale del climate change, ma anche della capacità di adattamento delle piccole comunità.
È una mattina fresca e limpida di inizio febbraio ad Harads, a circa 50 chilometri a sud del Circolo Polare Artico. In una piccola stazione di servizio incontriamo un uomo in maglietta e jeans: “è quasi primavera” ci dice con un’alzata di spalle. I Sami sono popolazioni indigene che vivono lungo le coste del Mar Artico e nell’entroterra da generazioni: molti hanno mantenuto abitudini di vita tradizionali, tra cui caccia, pesca e allevamento di renne. Proprio per questo, fanno affidamento sulle foreste per il loro sostentamento.
Lars è un uomo tranquillo ma determinato. Dalla sua sedia, ci osserva mentre sorseggia il suo caffè: i suoi luminosi occhi azzurri volteggiano senza perdere un singolo dettaglio. L’osservazione è più di una semplice abilità per un uomo che ha trascorso gran parte della sua vita tra gli alberi innevati di queste regioni; a queste latitudini e con queste condizioni climatiche, trascurare anche il più insignificante particolare può essere fatale. Beviamo i nostri caffè e ci dirigiamo nella foresta.
Qui il freddo brucia, si insinua tra i vestiti e scotta la pelle. Occhi e nasi lacrimano, poi si congelano. Le renne migrano naturalmente in queste aree alla ricerca di pascoli migliori per sopravvivere all’inverno; si nutrono di licheni della terra e degli alberi, a volte scavando in profondità nella neve. I pastori seguono le rotte migratorie usando le motoslitte per assicurarsi che gli animali al pascolo non si allontanino troppo o cadano preda di carnivori come gli orsi.
“La vita qui è cambiata molto”, dice Bertil Kielatis, un uomo magro di 80 anni che ci saluta calorosamente prima di condividere i suoi anni di esperienza e ricordi. “Quando ero bambino, tutta la famiglia seguiva la migrazione delle renne”. Bertil ha vissuto in prima persona il cambiamento del clima e il relativo impatto sulla sua comunità; non ultimi, gli incendi boschivi che hanno devastato le foreste svedesi nel 2018 “Non ho mai visto un incendio del genere in vita mia. È stato terribile; migliaia di ettari di foresta sono stati colpiti e tutti i licheni sono stati distrutti”. Guarda lontano come se guardasse al futuro.
Le minacce alla cultura e alle tradizioni Sami non finiscono qui, e anche la selvicoltura non sostenibile può mettere a dura prova queste comunità. Per questo i diritti dei Popoli Indigeni hanno la priorità nel Principio 3 dei Principi e Criteri FSC (FSC P&C): ciò richiede ad esempio a tutti i proprietari e gestori forestali certificati FSC di identificare e difendere i diritti di queste comunità come il diritto alla terra e all’accesso alle risorse che essa può fornire.
Il Principio 3 richiede inoltre di fare ricorso al consenso libero, preventivo e informato in corrispondenza di richieste o proposte che possono influenzare le terre che una comunità abitualmente possiede, occupa o utilizza. Questa posizione è sostenuta anche dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni e dalla Convenzione 169 dell'Organizzazione internazionale del lavoro.
“Ci vorrà molto tempo prima che i licheni ritornino” prosegue Bertil “Le temperature salgono in qualsiasi momento e non sappiamo mai cosa aspettarci”. Anche le renne hanno cambiato il loro comportamento nel corso degli anni, dice: “Da sempre le renne percorrono gli stessi identici percorsi migratori. Ora stanno perdendo il loro istinto; è quasi come se fossero sotto shock.” I picchi di temperatura possono rendere la migrazione molto pericolosa, soprattutto perché i fiumi e i laghi ghiacciati devono essere attraversati per raggiungere i pascoli invernali e primaverili. Alcuni anni fa, il ghiaccio su un lago si è spezzato mentre alcuni pastori lo stavano attraversando, uccidendo 200 renne.
Ecco che la conservazione e l’uso sostenibile delle foreste diventa ancora più necessario per garantire questi ritmi naturali, che si perdono nell’alba dei tempi e che sono messi a dura prova dal surriscaldamento globale.
“Purtroppo, nella società odierna spesso ognuno si preoccupa solo dei propri interessi. Quando ero giovane, lavoravamo fianco a fianco con gli agricoltori e i gestori forestali” ci confida Bertil prima di salutarci “Si lavorava in solidarietà, perché affrontavamo le stesse difficoltà e minacce. Ecco, se vogliamo sopravvivere, se vogliamo che le nostre tradizioni e le nostre foreste rimangano ancora qui, dobbiamo continuare a collaborare”.