
È stato ufficialmente dichiarato ‘giorno dei dazi’ o ‘giorno della liberazione’ ed è il momento con cui Washington estenderà misure protezionistiche già in atto a un ampio ventaglio di altri prodotti provenienti da diverse nazioni estere. L'obiettivo principale di questa mossa è riequilibrare la bilancia commerciale statunitense che da anni presenta un deficit significativo, con una perdita di circa 100 miliardi di dollari nel 2024, principalmente dovuto a importazioni superiori rispetto alle esportazioni.
Sul lato politico, questo tarrifs day non sorprende affatto, giacché la decisione riflette in pieno la svolta protezionista voluta da Trump, volta a favorire la produzione interna, a ridurre la dipendenza dalle importazioni e a stimolare l'industria nazionale.
Gli Stati Uniti rappresentano un mercato cruciale per l'economia di tutti i Paesi dell'Unione Europea, con un impatto diretto e significativo sul commercio internazionale. Per l'Italia, l'introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti potrebbe comportare una perdita economica di circa 7 miliardi di euro, un colpo non indifferente per diverse industrie, tra cui quelle automobilistiche, meccaniche e agroalimentari, che dipendono fortemente dalle esportazioni verso il mercato americano. A livello dell'Unione Europea, si stima che il nuovo regime di dazi possa ridurre il Prodotto Interno Lordo (PIL) annuale di circa mezzo punto percentuale, influenzando in particolare le piccole e medie imprese che esportano nei mercati transatlantici.
Ma quali potranno essere gli effetti di queste decisioni sul mercato forestale europeo? Secondo dati riportati in un articolo apparso su Euronews, nel 2024, gli Stati Uniti hanno importato beni dall'Unione Europea per un valore di circa 584 miliardi di euro, e dal 2014 al 2024 le importazioni statunitensi dall'Unione Europea sono aumentate del 44%. Incrociando questi numeri con quelli forniti da World Bank, si scopre che per la categoria “Legno” (che comprende i codici prodotto HS 44 - Legno e prodotti di legno; carbone di legna; 45 - Sughero e prodotti di sughero; 46 - Manufatti di paglia, sparto o altri materiali da intreccio; articoli da paniere e lavori in vimini; 47 - Pasta di legno o di altre materie fibrose cellulosiche; carta o cartone da riciclare; 48 - Carta e cartone; articoli di pasta di carta, di carta o di cartone; 49 - Libri stampati, giornali, immagini e altri prodotti dell'industria della stampa; manoscritti, dattiloscritti e altri prodotti) il saldo dell’export EU verso gli Stati Uniti è stato nel 2022 di oltre 80.2 miliardi di dollari, pari al 2.2% della quota del commercio totale di merci.
Se guardiamo all’Italia, l’export delle categorie sopra menzionate verso gli Stati a stelle e strisce si attesta a 880 milioni di dollari, l’1.2% del totale; gli USA rimangono anche il secondo mercato di riferimento della filiera legno-arredo italiana, che nel 2024 ha fatto registrare un +2% con un valore di 1,4 miliardi di euro. Come però ha ricordato Claudio Feltrin, Presidente di FederlegnoArredo, in un’intervista recente “la nostra filiera è fortemente orientata all’export: esportiamo il 53% della produzione e il mercato europeo, se considerato nel suo complesso, rappresenta circa il 70% delle nostre esportazioni. È il nostro mercato principale, la nostra ‘casa’, ed è nostro dovere difenderlo”.
L’Unione Europea ha già risposto al nuovo corso voluto da Trump e dalla sua amministrazione con ‘misure di salvaguardia’ su determinate merci, per un valore totale di 2,8 miliardi di euro, e da Bruxelles la Presidente della Commissione europea Ursula Von per Leyen ha fatto sapere che il Vecchio Continente ha pronto un ‘piano di ritorsione’ anche se rimane auspicabile una soluzione negoziata che non porti ad una guerra di tutti contro tutti. Completa il quadro di forte incertezza un recente sondaggio condotto da YouGov in Danimarca, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito che ha rivelato che, nel caso in cui venissero applicati i dazi degli Stati Uniti, ampie maggioranze – che vanno dal 79% dei rispondenti in Danimarca al 56% in Italia – si dichiarano favorevoli all'introduzione di misure di ritorsione sulle importazioni statunitensi. D’altra parte, gli stessi intervistati (il 75% dei tedeschi, 71% degli spagnoli, il 70% di francesi e italiani, il 62% degli svedesi, il 60% degli inglesi e la metà dei danesi coinvolti nel sondaggio), prevedono danni significativi alle loro economie nazionali, con impatti definiti "notevoli" o "abbastanza significativi”.