Le terribili immagini che arrivano in questi giorni dall’Emilia-Romagna hanno riportato al centro del dibattito pubblico la necessità di gestire i territori e renderli più resilienti agli effetti del cambiamento climatico: le alluvioni infatti sono fenomeni del tutto naturali, ma che negli ultimi tempi sono cresciute in numero e forza distruttiva a causa della crisi climatica in atto.

Per la sua morfologia, l’Italia è un Paese fortemente esposto a questo tipo di eventi. Secondo dati Openpolis, nel solo 2021 gli eventi idrologici estremi in Europa hanno causato 43,2 miliardi di euro di danni; più in generale, innalzamento delle temperature, piogge improvvise, frane, incendi o stagioni secche stanno costando 126 euro pro capite ai circa 447,7 milioni di persone che vivono nei Paesi membri.

Il racconto degli effetti che questi eventi hanno sui territori e le popolazioni che li abita, pone con sempre più urgenza la necessità di azioni di prevenzione e mitigazione, attraverso una corretta e attiva gestione del territorio. Parallelamente alla prevenzione del consumo di suolo e alla manutenzione del reticolo fluviale (inteso come bacino idrografico), la gestione delle risorse naturali gioca un ruolo fondamentale, a partire dalle foreste.

La corretta gestione delle foreste che ricoprono interi bacini montani, insieme alla gestione e al monitoraggio dei corsi d’acqua che qui si formano e che raggiungono la pianura, è un punto fondamentale: grazie a foreste sane, suolo in salute e reticolo idrico efficiente, le precipitazioni possono essere captate e distribuite a valle in tempi più lunghi e con forza meno dirompente. La cura di alberi e boschi ha anche effetti positivi su frane e smottamenti che accadono in occasione di precipitazioni consistenti, prevenendo disagi e isolamento di territori e comunità.

Se i territori montani o collinari, dove spesso nascono i corsi d’acqua, sono i primi a dover essere monitorati e consolidati, è vero che molto può essere fatto anche in pianura, dove insieme ad un buono stato e una buona funzionalità del reticolo idrografico, interventi in favore degli ecosistemi e della biodiversità possono contribuire alla qualità ambientale e paesaggistica del territorio, nonché alla funzionalità idraulica: i boschi ripariali e le zone umide rappresentano ad esempio uno strumento naturale molto valido, fungendo da aree di regolazione dei quantitativi di acqua disponibile.

Esistono poi le cosiddette Aree Forestali di Infiltrazione (AFI), veri e propri boschi che aiutano a ricaricare le falde acquifere sotterranee canalizzando le acque superficiali nei periodi di eccesso, che possono essere gestiti contribuendo alla differenziazione del paesaggio, nonché ad aumentare la biodiversità in quei territori con alti tassi di impermeabilizzazione del suolo o caratterizzati da estese monocolture agrarie. Interventi a favore di una corretta gestione e rinaturalizzazione dei corsi d’acqua vengono peraltro richiamati dalla Strategia dell'UE sulla biodiversità per il 2030, dove si riafferma la necessità di ristabilire gli ecosistemi di acqua dolce e le funzioni naturali dei fiumi, e nella Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE), che ad oggi trova poca applicazione nel territorio europeo.

Ovviamente ogni territorio e ogni situazione critica hanno caratteristiche proprie, e l’imprevedibilità di alcuni eventi estremi rende di fatto impossibile creare strutture di prevenzione efficaci sul lungo periodo; questo è il motivo per cui gli interventi di gestione dovrebbero avere come fine ultimo quello della mitigazione, e della più generale presa di coscienza del contributo dei servizi ambientali naturali come indispensabile nella lotta agli effetti del climate change.